Luogo comune n. 5:

MA L’INCENERITORE DI VIENNA E’ IN CENTRO CITTA’

E’ un falso argomento, perchè:

L'Austria è un esempio di come si può fare a meno degli inceneritori

L’impianto di Vienna - Spittelau venne costruito nel 1971. Si trattava in pratica di un’altra “era geologica” nella gestione dei rifiuti: la stessa epoca in cui veniva costruito alle porte di Firenze l’inceneritore di San Donnino, inaugurato nel 1973 e poi bruscamente chiuso nel 1986 a causa delle eccessive emissioni di diossina, che provocarono la contaminazione dei terreni agricoli circostanti. L’inceneritore di Spittelau ha attualmente una potenzialità di 250mila t/a e fu costruito in città allo scopo di fornire energia termica al vicino ospedale (a dimostrazione che anche prima dell’avvento dei “termovalorizzatori” si recuperava energia dalla combustione dei RSU). Sebbene fosse stato costruito con una tecnologia ormai obsoleta non è stato più demolito, perchè grazie alle sue caratteristiche decorazioni in stile Secessione Viennese (opera dell’architetto Friedensreich Hundertwasser) è ormai diventato un landmark turistico della città. Nel corso degli anni ’80 è stato ristrutturato ed adeguato alla normativa ambientale con l’aggiunta di nuove sezioni di depurazione fumi.

A Vienna è presente un altro inceneritore, quello di Flötzersteig, da 180mila t/a. E’ per molti aspetti simile a quello di Spittelau; costruito tra il 1959 e il 1963, è anch’esso situato in città, a 4,5 km dal centro, e venne costruito allo stesso scopo di fornire calore ad alcuni ospedali. Da allora, in Austria per 30 anni si è fatto a meno di costruire altri inceneritori per RSU e nelle quattro regioni occidentali ad oggi non è attivo alcun impianto di incenerimento.

Dopo la costruzione dei due impianti viennesi, si è dovuto attendere il 1995 per vedere costruito un altro inceneritore. Si tratta dell'impianto di Wels, una piccola linea di incenerimento da 30mila t/a che era comunque solo una delle sezioni di processo di un impianto integrato da 160mila t/a per la selezione e il riciclaggio di rifiuti domestici, industriali e di costruzione. Recentemente, a Wels è stata aggiunta una nuova linea di incenerimento che tratta 230mila t/a di RSU e rifiuti speciali.

La costruzione di molti degli impianti di incenerimento realizzati successivamente è stata motivata dall’esigenza di assicurare lo smaltimento di fanghi di depurazione (che in Austria non possono essere destinati all’uso agricolo, a differenza di quanto succede in Italia) e rifiuti industriali ad alto potere calorifico. Attualmente in Austria sono in funzione 7 impianti che trattano rifiuti speciali e una quota di rifiuti urbani residua da una differenziazione a monte estremamente spinta, più 3 inceneritori a letto fluido, che trattano fanghi di depurazione e rifiuti ad alto potere calorifico, prevalentemente di origine industriale.

Si deve tenere presente che in Austria viene inviata a recupero energetico anche una quota delle 170mila tonnellate di 'frazione leggera' differenziate ogni anno: ARA AG destina a 'recupero energetico' circa 100mila t/a di frazione leggera, composte in prevalenza da rifiuti plastici misti. Aldilà degli slogan, citare l’Austria come esempio significa in sostanza indicare il paese con il più alto tasso di RD in Europa. Un paese che negli ultimi 50 anni ha sviluppato uno dei sistemi più avanzati al mondo per la riduzione alla fonte e il recupero dei rifiuti, basato ad esempio su sistemi di avanguardia per la tariffazione puntuale dei rifiuti, che vengono applicati con successo in tutto il territorio austriaco ormai da 20 anni. Un paese in cui vige un vero e proprio obbligo giuridico di raccogliere separatamente i rifiuti biodegradabili, per destinarli tutti a compostaggio. Un paese in cui gli impianti di incenerimento trattano solo una quota residuale di un avanzatissimo sistema di RD e riciclaggio. E dove ci si è guardati bene dall'ubicare i nuovi impianti all'interno di centri abitati.

In conclusione, i veri esperti di rifiuti portano come esempio l’Austria non per un impianto obsoleto, risalente alla stessa epoca del famigerato inceneritore di San Donnino a Firenze, bensì per l’organizzazione dei sistemi integrati di gestione dei rifiuti, a partire dai metodi di raccolta domiciliare, tra i più efficaci al mondo nell’applicare il principio “chi più produce rifiuti, più paga” (applicazione al settore dei rifiuti del principio “chi inquina paga”). Nel paese sono infatti molto diffusi i sistemi di tariffazione puntuale (o PAYT: Pay As You Throw), anche grazie al fatto che in quasi tutta l’Austria è da 20 anni che si è smesso di conferire i RSU in forma anonima nei cassonetti stradali (eliminati quasi dappertutto), come invece si continua a fare in buona parte d’Italia.

Realizzare un inceneritore in centro città non ha senso

Come già dimostrato al punto 3, un inceneritore è un impianto industriale inquinante e quindi deve essere obbligatoriamente essere localizzato in una zona industriale. Ed è da quasi 50 anni che in Italia e nel resto del mondo industrializzato le zone industriali non vengono localizzate nel centro delle città e anzi viene dismessa ogni singola area industriale residua nelle aree centrali. Non si capisce, quindi, perchè proprio uno dei tipi di impianto più inquinanti, un inceneritore di rifiuti, dovrebbe essere situato nel centro di una città. Al limite proprio in un’area dismessa, dove magari in precedenza svolgeva la propria attività uno stabilimento molto meno inquinante.

E’ proprio questo il caso dell’impianto Silla 2 di Amsa (MI). Nonostante la presenza di svariate aree industriali dismesse all’interno di Milano, nel 1996 si decise che il nuovo impianto dovesse essere localizzato fuori dai confini urbani, e venne prescelta un’area a margine della Tangenziale Ovest, che in quel tratto costeggia zone di aperta campagna. Lo stesso avvenne a Brescia, quando si decise l’ubicazione del nuovo inceneritore, destinato a divenire l’impianto più grande d’Europa (750mila t annue). Nonostante l’entusiasmo con cui venne presentato l’innovativo “termovalorizzatore”, ci si guardò bene dal localizzarlo in area urbana, e più prudenzialmente venne posto a lato dell’autostrada Milano-Venezia.

Alla luce di queste considerazioni, appare quindi chiaro che un amministratore che nel 2013 ancora insistesse nel citare il caso di Vienna per dimostrare una presunta non pericolosità dei “termovalorizzatori” non sarebbe altro che arcaico, come un architetto che proponesse dei bei pannelli realizzati in amianto come soluzione ottimale per isolare una parete.