Luogo comune n. 4:

E’ MEGLIO COSTRUIRE PICCOLI INCENERITORI

E’ falso, perchè:

Esiste una soglia di convenienza economica

Nel costo di costruzione degli inceneritori moderni si registra un’elevata incidenza di costi fissi: in un piccolo impianto la sezione di depurazione fumi può raggiungere la metà della spesa complessiva.Per questo, costruire impianti piccoli è una strategia sbagliata, in quanto comporta due sole possibili conseguenze alternative. O si verifica una moltiplicazione ingiustificata dei costi, con la duplicazione di sezioni impiantistiche di dimensioni e caratteristiche non troppo diverse rispetto a quelle presenti in impianti più grandi, oppure il risparmio viene ottenuto a scapito della depurazione dei fumi, non costruendo sistemi allo stato dell’arte, facendo sì che sia maggiore l'inquinamento generato a parità di rifiuti smaltiti.

I migliori impianti di riferimento a livello europeo, cioè quelli con le tecnologie più avanzate e con i minori tassi di produzione di inquinanti, hanno tutti capacità di trattamento piuttosto elevate. Ad esempio, i già citati impianti di Amburgo (1 milione 800mila abitanti) hanno entrambi una potenzialità annua di 300mila tonnellate, mentre i benchmark in Italia sono l’inceneritore di Brescia (a suo tempo definito «migliore impianto del mondo» dal Waste-to-Energy Research and Technology Council), che ha una capacità di trattamento di 800mila t/a, e l’inceneritore di Milano Silla 2, che è sull’ordine di mezzo milione di tonnellate trattate annualmente.

Ma non è per forza necessario arrivare a capacità così elevate: la tendenza in Europa è di costruire impianti di almeno 200mila tonnellate/anno. La migliore convenienza economica degli impianti di maggiore dimensione risulta evidente da uno studio sullo “stato dell’arte” dell’incenerimento condotto dall’Agenzia Federale per l’Ambiente austriaca: solo impianti con capacità di trattamento dell’ordine di 300mila t/anno riescono a contenere i costi al di sotto di 100 € per tonnellata di rifiuto trattato.

Va comunque tenuto presente che se costruire un impianto di taglia ridotta è antieconomico, aumentare la capacità degli impianti significa però aumentare anche la rigidità del sistema di gestione rispetto ad improvvise variazioni nella composizione e nella quantità dei rifiuti prodotti. E queste variazioni saranno in futuro tutt’altro che improbabili, per effetto di numerosi fattori, quali: crisi economica, nuovi stili di vita, nuovi metodi di RD dei rifiuti.

Questo fenomeno cominciò a succedere in Germania già nel corso degli anni ’90: alla rapida costruzione di numerosi impianti di incenerimento corrispose un altrettanto rapido sviluppo dei sistemi di RD, che nel giro di pochi anni raggiunsero tassi di recupero anche doppi rispetto a quanto ipotizzato dai piani di smaltimento rifiuti (ribadisco che in quegli anni era considerato quasi utopico pensare che la RD potesse superare il 40%). Si verificò quindi una drastica diminuzione della quantità di rifiuti destinata a incenerimento e gli impianti già allora cominciarono a lavorare cronicamente sotto capacità, a meno di riuscire ad importare rifiuti al di fuori del bacino di riferimento.

Lo stesso problema si sta attualmente verificando in alcuni paesi nordici: per effetto della riduzione dei rifiuti, dovuta al riciclaggio e al successo delle iniziative di prevenzione alla fonte, manca la materia prima per alimentare gli impianti che forniscono calore ed energia in molte città svedesi, danesi e norvegesi, per cui i gestori sono obbligati a compensare il deficit importando rifiuti dall’estero.